RACCONTARE LA STORIA CON LE STORIE. Da Lampedusa a Novara con Pietro Bartolo e Lidia Tilotta
Quello che sta accadendo a Lampedusa e che accade ormai da 25 anni, è come un incidente stradale che continua a ripetersi. La Storia in quest’isola non si è mai fermata. Pietro Bartolo invece è rimasto lì, sul molo Favarolo, “nella Storia tra le storie”.
Lo abbiamo ascoltato mercoledì sera, insieme alla giornalista Lidia Tilotta durante la presentazione del libro “Lacrime di sale”. Pietro è un ginecologo, dovrebbe curarsi della vita, delle nascite e delle madri, invece è il medico che probabilmente conta il più alto numero di ispezioni e riconoscimenti cadaverici al mondo, almeno in una zona non di guerra. Da 25 anni coordina il poliambulatorio di Lampedusa. Da 25 anni accoglie i migranti, li cura e soprattutto li “ascolta”.
“Le cose si sanno e si fa finta di non saperle. Ecco perché adesso sto parlando a voi, perché ogni singola voce può servire a sensibilizzare. Noi siamo singole gocce, ma tante gocce possono fare un oceano.”
Pietro avvia la serata così, senza mediazione alcuna, inforcando gli occhiali da vista che tiene sollevati sulla fronte. Ascoltiamo in silenzio. Pietro ci mostra immagini disperate e struggenti. Uomini, donne, bambini scappati dalla guerra e dalla fame, sopravvissuti non si sa come ad un viaggio terribile nel deserto, fra violenze e sopraffazioni inimmaginabili. Corpi straziati che si raccontano come diari a cielo aperto. I carceri della Libia, i morti, le botte, gli stupri, le torture.
“Non abbiamo bisogno di aiuto a Lampedusa. Ognuno può fare qualcosa nella propria città, ognuno ha una responsabilità anche qui. Scrivetene, andate in giro a raccontare cosa avete visto e sentito perché c’è ne bisogno. In Continente non hanno le idee chiare su cosa stia accadendo davvero, ma non intendo cosa accade a Lampedusa, quest’ isola è soltanto un punto di passaggio, la tappa di una odissea, mi riferisco piuttosto a cosa accade a sti poveri cristi che arrivano qui, le atrocità che sono costretti a subire , la mortificazione della loro stessa esistenza , lo svilimento dei sogni e delle speranze”.
Lui, il medico che “ne ha visti tanti di morti” ci dice di non essersi mai abituato: “ogni incontro mi ha trasformato. Sono un privilegiato perché da loro ho imparato tanto“. Ecco allora spuntare la storia di “Favour dagli occhi grandi”, “Omar che non si ferma mai”, “Anuar e la sua saggezza”. Pietro da un nome a ciascuno, una parola, una propria singolarità. Ad ognuno uno spazio, una memoria nella grande catena della Storia. Ed è questo a colpire di Pietro. Il suo istinto nudo, la sua irredimibile umanità, l’inerme senso di fratellanza.
“Vogliamo raccontare la Storia con le storie” conclude Lidia. “Sono centinaia di migliaia le persone transitate dall’ isola di Lampedusa. Ma se oggi manca ancora un tassello nel mosaico di questo presente, è proprio la storia di chi migra” continua la giornalista. Perché è così. Le nostre parole non riusciranno mai a cogliere appieno le loro verità. Potranno raccontare di mani che curano e di mani che innalzano fili spinati, ma la Storia della migrazione saranno loro stessi a raccontarla, coloro che sono partiti pagando un prezzo inimmaginabile. Saranno loro a usare parole esatte per raccontare. Saranno loro a spiegarci cosa è diventata l’Europa e a mostrarci, come uno specchio, chi siamo diventati noi.